Da
D di Repubblica di questa settimana un articolo su Hilary Hahn, la violinista che ha suonato i pezzi di The Village.. (però nell'articolo non ne pa rlano..
)
Hilary fidanzata di bach MUSICA -
26 anni la travolgente Hahn è un nome di punta del violino: ama i classici e fa nuove scoperte di Laura Valente
È uno di quei rari talenti che appaiono una volta in un secolo. Hilary Hahn era ancora una timida violinista di Baltimora quando nel 1997 conquistò il pubblico col suo travolgente Bach. Il primo disco, inciso a 17 anni per la Sony Classical, in poche settimane arrivò in testa alle classifiche Usa. Oggi la Hahn, reduce da una tournée mondiale con la UBS Verbier Festival Orchestra diretta da Herbert Blomstedt, che l'ha portata a Napoli, San Francisco, Tolosa, è entrata nell'olimpo delle star dell'archetto grazie a una sapiente miscela di talento, determinazione, studio. C'è chi la paragona a Jacqueline du Pré per il suono muscolare, chi rivede in lei il virtuosismo puro di Itzhak Perlman, e chi, conquistato dai suoi profondi occhi blu, sceglie l'immagine di fidanzatina di Bach, che fa vibrare il genio con le corde d'una appassionata anima.
Una Hahn distante dall'immagine del passato. Oggi lo sguardo magnetico invade le copertine dei suoi cd Deutsche Grammophon, catturato da fotografi che puntano sul fascino antico che avvolge un fisico da modella. Il resto lo fa la cura maniacale dell'immagine, compreso il sito con la galleria d'interpretazioni che a 26 anni le hanno fatto vincere il Grammy Award. Grazie alla unicità di un tocco intimo e trasparente, brumoso, limpido, e a una quantità di suono che, quando esce dal suo strumento, fa pensare a un'amplificazione nascosta.
Eppure, a vederla provare coi musicisti della Verbier, non sembra per niente una diva. "Con loro il clima è sempre rilassato", racconta la violinista. "I suggerimenti d'ogni orchestrale s'incrociano, viaggiano in libertà alla ricerca di un suono condiviso". Questa orchestra giovane, formata da oltre cento strumentisti tra i 16 e i 30 anni, sta crescendo nel dipartimento musicale di Claudio Vandelli, e, anche grazie alla supervisione di James Levine, in questi ultimi anni ha conquistato un posto di rilievo tra le formazioni simili. Miracoli europei. Mentre in Italia le orchestre faticano a sopravvivere, la Verbier è sostenuta da investitori privati e diretta da gente come Mehta e Nagano, Rostropovic e Temirkanov.
A chi le chiede un'opinione sui direttori con cui ha suonato, la bella Hilary glissa con eleganza da diplomatica consumata. "Quando mi chiedono di ricordare qualche grande musicista con cui ho lavorato, penso a questi giovani strumentisti. Anche i grandi hanno iniziato così, di loro voglio immaginare i primi tempi. Quando scherzavano coi compagni di leggio senza curarsi di ciò che pensava la gente. Spesso il successo sottrae agli artisti la spontaneità". Il suo repertorio è classico, ma le concessioni al contemporaneo "sono una necessità. I padri come Bach, Mozart, Beethoven bisogna saperli suonare tutti. Però io amo anche il 900 di Britten e Janàcek, e il mio pensiero segreto va a una donna, l'americana Jennifer Higdon: lei sta scrivendo un'opera che eseguirò nel 2008". Tante soliste, poche direttrici, ancor meno sovrintendenti. Cosa ne pensa? "Che le donne hanno espresso eccellenza in ogni ambito: però sono contraria alle quote rosa. Dovremmo costruire una società in cui è la competenza e non il sesso il metro per la selezione delle professionalità. Amo la sensibilità al femminile nelle arti. Per esempio quella di Anne Taylor, scrittrice di Baltimora che come nessun'altra ha catturato l'anima della sua città, e l'America semplice, solida che è alla radice della Costituzione".
Come resistere al successo e al glamour? "Per non farsi condizionare ci vogliono intelligenza, sensibilità. L'artista ha un dovere sociale, morale: diffondere il bello che abbiamo avuto la fortuna di ereditare e rispettare il pubblico con uno studio all'altezza del biglietto. Ricordando che nella vita è l'altro sguardo che fa la differenza".